
MADRE CAMBIA SCUOLA AL FIGLIO ATTESTANDO FALSAMENTE IL CONSENSO DEL PADRE: GRAVE LA SUA CONDOTTA.
Una mamma, conclusa la relazione con il padre di suo figlio, trasferiva il bambino in una nuova scuola, andando ad attestare falsamente in una dichiarazione presentata al dirigente dell’istituto scolastico, di avere effettuato con il consenso dell’altro genitore la scelta per l’iscrizione del proprio figlio minore presso quella scuola, mentre in realtà pareva avesse trasferito il piccolo all’insaputa del padre, spostandolo addirittura tra due diverse regioni.
Il Tribunale nonostante le verifiche effettuate sull’episodio incriminato, assolveva la donna per la tenuità del fatto. Ma il Pubblico Ministero, contestando gravemente tale decisione, ricorreva in Cassazione, dove si evidenziavano le strane visioni del Tribunale, secondo il Tribunale, infatti, la minima offensività dell’episodio sarebbe derivata dalle modalità della condotta, occorsa in un quadro di conflittualità fra i due genitori, ma secondo il PM tale rilievo era illogico, poiché l’esistenza di un pregresso contenzioso avrebbe dovuto accrescere la gravità del reato, almeno in punto di intensità del dolo. Inoltre, mentre il fatto che si trattasse di mendacio facilmente accertabile (con il semplice dissenso del padre) non sembrava comportare una minore offesa del bene giuridico tutelato e tanto meno una offesa particolarmente tenue. La Cassazione concordava con le obiezioni del PM, e chiariva che il riferimento alla pregressa conflittualità tra i due genitori non sembrava giustificare in alcun modo la ritenuta, modesta offensività dell’addebito, quand’anche fosse da interpretare come contrapposizione reciproca e non certo unilaterale; la stessa descrizione del fatto mostrava, al contrario, il chiaro intento di affermare deliberatamente il falso perseguito dalla donna, pienamente realizzato e reso ancor più grave dalla circostanza di coinvolgere gli interessi di un figlio di ancor tenera età.
La Corte quindi annullava la sentenza impugnata rinviandola al Tribunale, tenuto a considerare le indicazioni fornite dai giudici di legittimità.
(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza del 11.9.2020, n. 25941 )
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