
VANO SOTTOSCALA: E’ PARTE COMUNE?
Il Condominio adiva il Tribunale di Benevento, lamentando l’occupazione, da parte della condomina convenuta, del vano scala condominiale ubicato al piano terra, chiedendo sostanzialmente l’accertamento della natura comune dell’androne scala che garantiva l’accesso in ragione dei millesimi di proprietà a ciascuno imputabili.
La domanda veniva respinta dal Tribunale, ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione riconoscendo la natura condominiale dell’androne. Il testamento invocato dalla convenuta a sostegno dell’asserita proprietà esclusiva, non aveva costituito alcun diritto di esclusività del vano per inefficacia in quanto tale disposizione mortis causa aveva ad oggetto un bene inesistente nell’asse ereditario al tempo del decesso del testatore. L’edificio aveva infatti subito una ricostruzione il cui progetto, approvato da tutti i condomini, non prevedeva più il vano sottoscala oggetto della controversia.
La condomina non ci stava e ricorreva in Cassazione per tramite del suo legale, sostenendo che la temporanea inesistenza del bene, perché in costruzione al momento dell’atto, non avrebbe dunque potuto comportare l’inefficacia della disposizione testamentaria. La Corte, non condivideva tale visione, la sentenza impugnata aveva infatti appurato che lo stanzino non avrebbe potuto ritenersi ricompreso tra i beni di proprietà del testatore e quindi oggetto di istituzione ereditaria. Infatti il vano, anche se esistente all’atto del testamento, non lo era più all’apertura della successione testamentaria per effetto della sopravvenuta ricostruzione dell’intero immobile che non prevedeva più il vano ripostiglio sottoscala conformemente al progetto approvato da tutti i comproprietari.
E dunque, la condomina non avrebbe potuto vantare alcun diritto di proprietà esclusiva in virtù del testamento sul vano sottoscala il quale, per effetto del nuovo assetto immobiliare post-ricostruzione intervenuto dopo la formazione del testamento e prima della morte del testatore, era venuto a ricomprendersi nelle parti comuni, per questi motivi la Corte rigettava il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 23119 del 22.10.2020)
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